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PIETRO RICORDA

MEMORIE CONOSCIUTE E SCONOSCIUTE DEL VANGELO

FORSE POTRANNO RIGUARDARCI PERSONALMENTE

Ti voglio stare vicino

“Eravamo insieme a Gesù noi dodici e tantissima gente. Gesù parlava e noi rimanevamo incantati per le sue parole, per la calma con la quale le pronunciava, la benevolenza con la quale regalava i suoi insegnamenti.

Ad un certo punto Gesù cambia tono e inizia a raccontare.

<Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, lungo la strada pericolosa del deserto di Giuda. Aveva appena piazzato la sua mercanzia nei mercatini di Gerusalemme. Ritornava a casa, nella grande e bella città di Gerico, collocata in mezzo ad un’oasi nel deserto. Era tutto felice per i piccoli affari che era riuscito a combinare. Sapeva, tuttavia, che quella strada era impervia, che poteva nascondere insidie, che spesso diventava luogo di attentati e di sequestri. Oppure si trasformava in un tranello per il viandante ignaro e tranquillo che la attraversava.

Mentre cammina con la mercanzia rimasta e con la piccola borsa dei guadagni, si sente aggredire dai banditi. Non sono teneri con lui. Lo pestano a sangue, lo derubano e lo lasciano mezzo morto sul ciglio della strada. Mentre si contorce per i dolori lungo tutto il corpo, spera che qualcuno venga a soccorrerlo. Da solo rischierebbe di lasciarci la pelle in quel deserto, dove, tutti quelli che volevano, depredavano senza correre alcun rischio.

Finalmente sente dei passi e la sua speranza si accende. Vorrebbe che fosse una presenza amica che, accorgendosi di lui, viene a soccorrerlo. E’ un sacerdote del tempio di Gerusalemme che ha appena concluso il servizio, i suoi sacrifici e le sue preghiere, gridate ad alta voce, per farsi notare da tutti.  Ritorna anche lui a casa.

Ad un certo punto si accorge del poveretto steso per terra e sanguinante oltreché lamentoso. Non lo nota nemmeno. O fa finto di non vederlo. Passa dall’altra parte della strada e tira oltre. Indifferente e infastidito. Pensa: stanco come sono non posso preoccuparmi anche di tutti i “pestati” della Città santa. Tira dritto, convinto di fare soltanto il suo dovere.

Il disgraziato si dispera ancora di più: se tutti quelli che passano da queste parti fanno la stessa cosa, per me è finita.

Altro scricchiolio di sandali sul pietrame di quella strada, sempre a rischio anche di slogature, tanto era disagevole. Era un levita che usciva dalla celebrazione della Parola di Dio, al tempio. Un uomo “di Dio” avremmo detto. Quindi si fermerà, preso dalla compassione. Il levita, invece, vista la mala parata si volta dall’altra parte. Ignora il “mezzo morto” che improvvisamente gli è apparso davanti agli occhi e va oltre, noncurante di tutto e di tutti. Poco mancava che si mettesse e fischiettare distrattamente.

All’aggredito continuano a mancare non soltanto le forze, sempre più esigue, ma soprattutto la speranza, ridotta ad un lumicino,vicino a spegnersi.

Quando ormai il povero viandante boccheggia, passa per quella strada un Samaritano. Un nemico degli ebrei. Vede quell’uomo. Guarda quell’uomo con compassione e con amore. Si ferma. Sembra non avere alcuna fretta. Sembra che  tutto il tempo appartenga a questo sconosciuto.

Lo cura versandogli sulla ferita il vino per disinfettarlo e l’olio per alleviare il suo dolore.

Lo ristora con un po’ di cibo, poi lo carica sul suo giumento e lo porta con delicatezza alla locanda più vicina. Lo affida al locandiere e paga il prezzo dell’ospitalità. Successivamente ritornerà per aggiungere il resto di spesa qualora quella versata non bastasse.

Marco, il racconto è un capolavoro di compassione, di bontà, di attenzione, di delicatezza. L’unica cosa che sorprende è la durezza del cuore dei due uomini impegnati nel Tempio di Gerusalemme. Li accomuna la stessa insensibilità, il medesimo atteggiamento egoista, un’uguale indifferenza colpevole e omicida. A volte, caro Marco, ce la prendiamo con gli altri che non pensano come noi che siamo abituati a fare molta teoria, mentre nel momento della necessità ci ritiriamo in buon ordine. In realtà hanno una sensibilità e una generosità di cuore che dovrebbe farci arrossire e cambiare vita”.

Fuori testo sappiamo che quel malcapitato, vittima dei briganti, si riprende lentamente. Il buon samaritano se l’è preso a cuore e paga di persona tutto ciò che è necessario per fargli ritrovare la salute piena.

Quaresima è: “Ti voglio stare vicino”. Vicino ai miei familiari se hanno bisogno di me. Vicino ai miei figli se vogliono parlarmi. Vicino ai miei compagni di lavoro se si trovano in difficoltà. Vicino ai miei amici che, per un motivo o per l’altro, sono oggetto di disistima e di disprezzo da parte degli altri. Vicino alla mia ragazza se è in crisi. Vicino al mio ragazzo se si è preso una sbandata con un’altra. Vicino ai ragazzi con necessità e in ricerca di un amico che stia accanto a loro. Vicino agli amici vittime dei bulli e spesso scoraggiati e tentati di rinchiudersi in se stessi. Vicino ai miei professori che danno segni di nervosismo e probabilmente stanno soltanto nascondendo un altro problema che non riguarda la scuola.

“Ti voglio stare vicino” per vivere nella maniera più altruista, più disinteressata, più comprensiva possibile la mia Quaresima. Così sarò seminatore di amore.

Don Mario Simula

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