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Don Mario Simula

Don Mario Simula

" Sono prete.

La grazia di esserlo è solo dono di Dio. Lo dico perché il Signore mi ha preso “come sono” e mi ha affidato un compito delicato e speciale, nonostante  conoscesse i limiti e le povertà che mi “vestono” da sempre. Segno evidente che Lui non si preoccupa più di tanto. E non mi meraviglia. Se ho le labbra impure, è pronto il fuoco che le purifica, bruciandole. Se non so parlare, è Lui che mette sulla mia bocca le parole giuste, incoraggiandomi a non avere paura. Se il mio cuore si chiude, duro e impenetrabile, sa Lui come fare per cambiarlo con un cuore di carne. Di che cosa devo avere paura? Che io sia prete, è anche e soprattutto “affare suo”. Anche mio, certamente. Perché non mi sento come “un asino e un mulo senza intelletto”. Qualche dono riesco a ritrovarlo in me. Se ci penso, concludo che “anche il dono è un dono”. E ritorno immancabilmente a Dio “datore di ogni dono”. ...Continua...

V DOMENICA DI QUARESIMA
"L'irresistibile forza della Vita"

Letture: Ezechièle 37,12-14; Salmo 129; Romani 8,8-11; Giovanni 11,1-45

1 Concerto in ricordo di
don Mario Simula

Sabato sera una chiesa gremita ha ospitato un emozionante concerto in ricordo di don Mario Simula.

La parrocchia di Mater Ecclesiae desidera ringraziare il Coro Gioacchino Rossini che ha curato il concerto, la famiglia di don Mario per la partecipazione e la generosità di tutti i presenti: le offerte raccolte alla fine della serata contribuiranno a finanziare la partecipazione dei giovani - tanto amati da don Mario - alla Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà ad agosto a Lisbona.

(Ringraziamenti tratti dalla pagina dei social da parte della Comunità di Mater Ecclesiae)

Grazie alle tre formazioni della “G. Rossini” al completo! Grazie al Direttore del Coro dell'Associazione Musicale G. Rossini Clara Antoniciello. Grazie al Direttore delle Voci Bianche e Le Note Colorate Maria Antonietta Diez. Grazie a don Massimiliano. Grazie al gruppo dei giovani della Parrocchia. Grazie a tutta la Comunità di Mater Ecclesiae. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato al 1º Concerto in "Ricordo di Don Mario Simula". Grazie a don Mario per quello che è stato e continuerà ad essere per tanti di noi. Vivrà sempre nel cuore di quanti lo hanno voluto bene.

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“Nel libro che leggerai,

mediterai e pregherai, farai un percorso,

ritroverai Dio.

Lo vedrai con i tuoi occhi,

lo toccherai con le tue mani,

ne scoprirai la voce con le orecchie,

lo respirerai a pieni polmoni,

lo gusterai come miele selvatico ma dolcissimo.

La scoperta sarà una folgorazione:

Il Cuore Puro ti permetterà di vedere l’invisibile,

di vedere Dio”

(don Mario Simula)

L'uomo ama disperatamente la vita quando la vede minacciata. Si vede sprofondare la terra sotto i piedi e cerca qualsiasi appiglio pur di continuare a respirare un dono così prezioso. Le sorelle di Lazzaro fanno questa esperienza quando si accorgono che il loro fratello sta per morire. Naturalmente il pensiero corre a Gesù. Gesù voleva molto bene a Marta a Maria e a Lazzaro. Quando è in gioco l'amore, l'amore domanda e aspetta risposta: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato”.
Gesù si manifesta subito Signore della vita. Sa' che quella malattia viene perché sia strumento della fede. Perché nutra la fede, perché la faccia brillare in tutta la sua pienezza. Attende due giorni prima di andare a Betania, poi decide: “Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato, ma io vado a svegliarlo”. Non si tratta del sonno mortale che prende colui che è preda della malattia ormai è il sonno della morte. Gesù arriva e Marta le va incontro. Si accende fra loro due un dialogo di una portata infinita. Ancora una volta inizia l'educazione alla fede da parte di Gesù. Marta esprime l'angoscia del suo cuore all'amico: “Signore se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Non è ne un lamento ne una resa. Marta sa che qualunque cosa Gesù chiederà al Padre, Lui gliela concederà. Esplicitamente dichiara, con forza, con sicurezza, col cuore ferito dal dolore ma incendiato dall'amore: “Tuo fratello risorgerà”. Marta sa che suo fratello risorgerà nell'ultimo giorno e lo dice a Gesù. Gesù non esita a dire chi è lui, per quale motivo lui è presente in quel momento e nella storia dell'umanità: “Io sono la resurrezione e la vita”. Questo è il nostro atto di fede: Gesù è veramente la resurrezione e la vita. Davanti a questa dichiarazione del Maestro è inchiodata la paura, non ha ragione di esistere. E' vinta la paura. Gesù è veramente la resurrezione e la vita. E aggiunge: “Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno.
Gesù restituirà la vita a Lazzaro. Ma a tutti dice: La mia vita, quella che vi darò è eterna. “Credi questo?”.
La domanda è rivolta a me e rivolta a te e rivolta all'uomo.
E' rivolta all'uomo un microbo davanti alla morte che lo circonda da tutte le parti, una creatura smarrita, un disperso nel deserto. Gesù guardandoci dentro il cuore insiste con la sua domanda: “Credi questo?”. In un momento drammatico, ed è drammatico il momento della morte per ogni creatura umana, è il momento di solitudine per la morte di ogni creatura umana, è rantolo e soffocamento per ogni creatura umana? Dobbiamo poter dire dal profondo del nostro essere: “Si, o Signore io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”. Manca l'amore più grande in questo dialogo. Manca l'amore di Maria, la donna dell'unguento, la donna delle lacrime, la donna che asciuga i piedi di Gesù con i capelli. Anche lei sente il bisogno di vincere il buio della fede, il bisogno di incontrare la luce.
Quando avviene
l'incontro tutti piangono: Maria, Marta e quelli che erano presenti. Davanti a quel pianto Gesù ci rivela l'umanità profonda e ineguagliabile del suo amore, del suo cuore, dei suoi sentimenti. Si commuove profondamente e, molto turbato, chiede dove l'abbiano posto. Si incamminano verso il sepolcro. Gesù non regge più l'enormità del suo dolore e scoppia in pianto. Dovremo rimanere a lungo a contemplare il figlio di Dio piangere sull'uomo sofferente. Gesù piange sulle mie fragilità, Gesù piange sulle nostre paure, Gesù piange sulla nostra povertà, Gesù piange per le nostre inadeguatezze.
Tocca tutto con mano, immerge le mani nella pasta della nostra umanità e non regge alla commozione. Piange. Il suo pianto è così forte e cosi dolente da strappare, a chi lo guarda, una esclamazione piena di stupore e di ammirazione: “Guarda come l'amava!”. Gesù ancora una volta commosso profondamente si trova davanti al sepolcro: “Togliete la pietra!”.
“Signore, manda già cattivo odore: e lì da quattro giorni”. Gesù, l'Uomo della commozione, del turbamento profondo, del pianto inconsolabile, si ripropone con tutta la dolce autorevolezza di chi ci sta accompagnando verso la fede: “Non ti ho detto che se crederai vedrai la gloria di Dio?”. Vedere la resurrezione di Lazzaro significa vedere la gloria di Dio. Il sepolcro viene liberato dalla pietra che lo custodisce e Gesù alza lo sguardo verso il Padre per dirgli: “Padre, lo sapevo che tu sempre mi ascolti. Padre ti rendo grazie. Sapevo che questa morte era per la vita del cuore e della fede di ogni uomo. Questa morte era necessaria per aprire tanti occhi alla fede. Ti ringrazio, Padre”. L'epilogo è maestoso e folgorante. Gesù grida a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!” e Lazzaro vivo esce dal luogo della morte ancora avvolto con tutte le bende. Gesù dice: “liberatelo”. Non è solo il liberarlo dalle bende e la liberazione da qualcosa di più profondo. Non ci sentiamo per caso tutti prigionieri di questa forza che sembra vincente, la morte?. Gesù ci libera. Gesù ci restituisce alla vita. Perché Gesù è la vita. Gesù è la resurrezione. Molti cedettero. Noi saremo orfani di comunità, ma ci piegheremo tutti ad adorare il Signore della vita. Apriremo il nostro cuore perché sia liberato da ogni schiavitù. Metteremo a nudo davanti al Signore le nostre miserie. Lui, Gesù, ci libera e noi, nonostante la fragilità della nostra esistenza ne siamo certi. Ogni giorno incontriamo il vivente, il Signore della vita. I nostri occhi saranno liberati come quelli del cieco perché adesso possano vedere negli occhi Gesù, la Vita.
Gesù,

nel mio pudore di uomo,

che si ritiene forte,

mi nascondo per piangere davanti al tuo pianto.

Mi chiedo anche

perché devo avere paura di piangere davanti a tutti come te?
Gesù,

io piango sulla mia morte

che mi attanaglia come una catena stringente e dura,

ma piango con te.

Tu non hai paura

di sederti accanto

e di vedere le lacrime confondersi.

I tuoi occhi luccicano di commozione

e io inizio a sentirmi consolato.
Gesù,

stringimi fra le tue braccia

altrimenti ho freddo,

altrimenti ho paura,

altrimenti prevale in me la disperazione.

Ti chiedo di più Gesù,

prendimi sulle tue braccia

e portami tu verso la vita che mi riveli.

Le mie gambe vacillano,

il mio cuore sussulta,

la mia mente è confusa.

Tutta la mia persona è un tremito.

Chissà quale veleno attraversa le mie vene.

Prendimi sulle tue braccia e portami.

Portami dove vuoi tu.

Se te lo posso suggerire,

ti chiedo, portami stretto sul tuo cuore.

Che io senta quel battito vitale.

Che ne sperimenti la forza.

Che ne gusti l'ebbrezza.

Che ne colga la tenerezza.

Gesù,

tienimi stretto al tuo cuore:

è il rifugio più certo e sicuro che io possa trovare.

Non farlo solo con me.

Quanti attorno a me,

nel silenzio, vivono la stessa esperienza!

Gesù,

stringimi al tuo cuore.

Sto bene nel tuo cuore,

anche se tu mi dici:

“Cammina con me.

Io non permetterò che tu, mio fratello, veda la corruzione”.

Camminerò con te

per i sentieri della vita.

E camminerò per lunghi giorni alla presenza del mio Signore.

Tu, Gesù,

sei il mio Signore,

la mia vita,

la mia resurrezione,

la mia pasqua.

Una pasqua infinita,

senza limiti,

senza confini

e senza confinamenti.

Sono sicuro che tu,

Dio della vita

ci porterai per i pascoli fecondi del tuo amore.
(Dalle riflessioni sulla V domenica di Quaresima di don Mario Simula)

Il libro "Lettere a Dio" è un dialogo immaginario tra persone di tutte le età con Dio. Un testo apparentemente veloce. In realtà offre l'opportunità di meditare in modo personale sulla vita, sulla fede e di confrontarsi in gruppo. Tanti i temi presenti. Emergono fin dall'introduzione: "Se nella vita non avessi parlato a Dio anche per lettera, oggi mi ritroverei alla ricerca di un destinatario dei miei interrogativi. Prima scrivevo lettere di mio pugno, come se fossero altrettante immagini della mia persona. Oggi siamo immersi nelle mail. Non mi ritrovo più. Sono frastornato perché non so con chi parlo. Continuerò a scrivere. A Dio. Lui vuole vedere le mie righe dritte e storte, se mi inalbero puntando in alto o se mi deprimo scivolando in basso. In queste lettere c'è tanta umanità che abitualmente non ha voce e le cui lettere si perdono sempre per strada". Si riscontra subito un'eco veterotestamentaria, quella tensione al dialogo sofferto e combattuto con Dio che è tipica dei salmi: la fede nasce quando, anche nel dubbio, riconosciamo il Creatore, come il primo Tu della nostra esistenza.
La lettera si rivela il modo più autentico per sperimentare e vivere questo dialogo.

Sette mesi senza don Mario

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